mercoledì 30 maggio 2012

Miniature collection











Piccoli particolari che mi dispiace non valorizzare un poco in se stessi: hanno richiesto tempo e pazienza, perché dunque non guardarli da vicino?

Per le mappe complete,  http://www.illustrameg.blogspot.it/2009/09/illustrazioni-naturalistiche-mappe.html

Ancora per Jaca Book, collana "Il Pianeta del Profondo Verde", 1994-95.


Botanica in miniatura





Naturalmente l'avevate capito tutti...  è la vegetazione delle terre emerse nel Terziario e Quaternario!

(Particolare da un'illustrazione del '94 per Jaca Book)



martedì 29 maggio 2012

Acquarelloterapia


In questo periodo ho riscoperto l'effetto rilassante che ha su di me l'illustrazione botanica! 



Una magnolia "vecchio stile" (acquarello e matita) che mi sono concessa nel giorno del mio compleanno.
Senza fretta e per puro diletto... in assoluto relax!




giovedì 24 maggio 2012

Un disegno speciale


Oggi racconto di un disegno speciale. Non è un’illustrazione, ma indubbiamente è l’opera più grande e misteriosa cui io abbia contribuito… almeno un po’!
Cinque anni fa nasceva infatti il nostro piccolo, mitico Gabriele.
Vi faccio parte della sua storia con queste righe scritte allora, in occasione di una testimonianza che mi fu chiesto di portare, da cui traspare come vivemmo quest’avventura sorretti da tanti veri amici, nonostante tutto in un’atmosfera di fede e di speranza che non avevo mai sperimentato con simile intensità prima di tali eventi. Ho deciso, nonostante ne fossi fortemente tentata, di non "ritoccare" il testo, lasciando che emergano gli stati d'animo così come li abbiamo sperimentati, anche perché credo che se non avessi avuto il dono di vivere quella situazione con quell'atteggiamento, sarebbe stata ben più dura.
Non so dire se ne saremmo ancora capaci, ma non dimenticherò mai quei mesi e, infine, quel giovedì 24 maggio 2007…



"I nostri figli sono un dono.
Ognuno di loro è stato da noi desiderato e domandato, non senza timori e di certo non con incosciente leggerezza, ma soprattutto è stato accolto.
Ogni bimbo ha portato con sé dal mistero qualcosa di nuovo e inimitabile che ha fatto - e fa ogni giorno - più "ricca" la nostra famiglia.
Certo, non sempre si ha la certezza di avere in sé abbastanza amore e abbastanza risorse quando le loro domande si fanno grandi, i loro dubbi veri, e tu che sei il loro "tutto" sai, in fondo, di essere poco più di niente.
Non è sempre scontato gioire di una simile fortuna, ma è proprio nei momenti in cui tutto è più difficile che la verità viene lentamente e sorprendentemente a galla... "

Così scrivevo in occasione della Giornata per la Vita del 2006.
Gli eventi che hanno poi segnato le nostre vite negli ultimi mesi mi sono parsi legati da un filo invisibile.
Lo scorso settembre, la sorpresa di una nuova vita. 
Questa volta non domandata, ma giunta tanto inattesa quanto improbabile, e sicuramente sconvolgente.
I programmi erano proprio altri: il mio lavoro appena ripreso a primavera dopo l'ultima maternità, le nuove attività intraprese come coppia e come famiglia... 
Proprio in quei giorni, infatti, il colloquio, qui a casa nostra,  con un responsabile del Movimento per la Vita: da anni avevamo il desiderio di mettere la nostra piccola esperienza di genitori al servizio di chi - per una ragione o per l'altra - si trova in serie difficoltà a causa dell'arrivo imprevisto di un figlio, o nel dubbio se proseguire la gravidanza sapendo di attendere un figlio non sano.
Era finalmente il momento giusto: "la piccola comincia ad essere indipendente, abbiamo un po' più di tempo...".

Così pensavo, fin verso il 20 settembre.
La primissima reazione all'inatteso annuncio del test di gravidanza è stata di smarrimento...  "e adesso?".
Per la prima volta ci siamo calati nei panni di quei genitori che ci eravamo messi in mente di sostenere e incoraggiare!
Abbiamo già quattro figli ancora relativamente piccoli... come organizzarci, anche nella semplice vita quotidiana, con un quinto? Invece che poter essere finalmente d'aiuto ai nostri genitori, ancora una volta ci troviamo a dover dipendere per certi versi da loro... "La piccola ha la febbre, non posso andare a prendere gli altri a scuola, ci vai tu?"... Tanti piccoli imprevisti che condizionano e bloccano le nostre e loro giornate, una dopo l'altra: siamo in ballo ormai da dieci anni!
La sera stessa abbiamo fatto irruzione in casa del nostro Parroco don Eligio: d'istinto abbiamo desiderato condividere con lui, fin dai primissimi istanti, questo cammino del quale ci sembrava di scorgere, inizialmente, più le difficoltà che le gioie. Avevamo l'insondabile, ma netta sensazione che questo sarebbe stato in qualche modo un bimbo speciale, anche solo perché sembrava un po' "venuto da chissà dove".
Nel darci la sua benedizione, don Eligio ha voluto consegnarci questo messaggio:
"Un giorno capiremo il perché dell'arrivo di questo bambino".

È bastato poco, solo qualche ora, perché la gioia venisse a prendere il sopravvento sul timore.
Si trattava solamente, ne ero certa, di tenere duro i primi mesi di gravidanza, periodo nel quale sono sempre stata molto sofferente, e poi ce la saremmo cavata benissimo!
Anzi, ho pensato, ho l'occasione di offrire questo momento di difficoltà per qualcosa di buono: perché tutto proceda bene, anzitutto, e per qualche altra intenzione...
E dicembre, il quarto mese, è arrivato in fretta, forse più in fretta delle altre quattro volte. 
Solo che ho il piccolo inconveniente di essere nata più di 35 anni fa!

Mi permetto di aprire qui una piccolissima parentesi. Sappiamo bene quale sia la mentalità corrente: la diagnosi prenatale sta diventando sempre più sofisticata e questo in parte è sicuramente cosa buona, permettendo in alcuni casi di intervenire in modo favorevole e di risolvere al meglio situazioni un tempo irrecuperabili.
Ma il fatto che le indagini "extra" (ecografia di 2° livello e abbinata amniocentesi) rivolte alle mamme meno giovani siano proposte proprio poco prima che il cosiddetto "aborto terapeutico" - terapeutico per chi? - sia a tutti gli effetti un parto prematuro, pur rientrando paradossalmente nei termini di legge, non è certo un caso.
Intorno alle 16-18 settimane all'esame ecografico si riesce a vedere ormai abbastanza... e appena in tempo. 
Ecco che, in realtà un po' titubante, mi sono lasciata passivamente inserire nel protocollo, con la ferma intenzione, tuttavia, di sottopormi solo all'innocua ecografia (tanto sono sicura che andrà bene...) e non all'amniocentesi, per rifiutare la quale è stata necessaria la mia firma.
Il papà non era d'accordo: sentiva che quell'ecografia in più sarebbe stata solo fonte di ansia.

19 dicembre, giorno dell'esame. Da una settimana comincio a stare bene; inizio finalmente a godermi il pensiero del nuovo bebè e i suoi primi movimenti percepibili che mi fanno compagnia.
Sola sul lettino nella penombra dell'ambulatorio ecografico (senza Gio accanto, per una serie di sfortunate coincidenze) sono sopraffatta dall'improvviso, cupo silenzio del medico che sta osservando le misteriose immagini del  mio bambino sullo schermo, soffermandovisi per un tempo troppo lungo e sospetto.
So che altre mamme vi sono passate e conoscono queste sensazioni per averle sperimentate sulla propria pelle.
Vorresti chiedere e non osi: d'un tratto sai che ciò che ti sentiresti rispondere è quanto in realtà non vorresti assolutamente sapere. E allora taci anche tu.
Ma la notizia giunge, inesorabile, pochi minuti dopo e, malgrado tutta la delicatezza del medico nel comunicartela, ti ricorda qualcosa... qualcosa come una spada che trafigge l'anima.   
"Il tuo bambino ha troppo liquido nei ventricoli cerebrali... così tanto che comprime e non lascia crescere e sviluppare il suo piccolo cervello... non si può essere certi di nulla, al momento:  può essere un'ostruzione, un'alterazione genetica, non è escluso che ci sia così tanto liquido perché il cervello non è  cresciuto sin dall'inizio e il liquido ne occupa tutto lo spazio... E' impossibile saperlo adesso, bisogna fare altri esami...". 
Ascolti ormai a mala pena. Ti sembra di sapere già abbastanza. Nulla appare più tragico della malattia o la morte stessa del tuo piccino.

Tornando verso casa sentivo di appartenere già ad un'altra dimensione, un mondo parallelo a quello in cui avevo vissuto sino a un'ora prima; quello nel quale, sotto alle luminarie, impazzavano il traffico e le frenetiche corse pre-natalizie.
"Ci sono i bambini da ritirare a scuola e da accompagnare alla novena e alla recita scolastica...". Tutto scorreva fuori di me in una normalità ormai priva di senso.
La sofferenza o la morte di un figlio appare infatti come il non-senso in assoluto: è il dolore cui nessuno può essere preparato... per la natura stessa del legame genitore-figlio. Il genitore è tramite di vita, è chiamato in quanto tale a custodire, crescere, sostenere quella piccola vita che gli è affidata, non a vederla deteriorarsi o svanire prima della propria.

Riapro solo per un attimo la stessa parentesi di poco fa. Non ho idea di cifre e statistiche, ne' mi pongo - io - a giudicare cuori angosciati al pari del mio, ma credo di poter immaginare che non pochi, fra i bambini le cui mamme ricevessero una simile sentenza apparentemente senza speranza, entro pochi giorni non sarebbero più. 
Le pressioni, più o meno esplicite, più o meno consapevoli, in questa direzione, sono fortissime e per chi non vive già in un àmbito di fede non è facile sottrarvisi. Ci si trova a dover essere "forti" per il piccolo, per se stesse e per i propri cari contemporaneamente, in un momento in cui si avrebbe solo bisogno di essere sorrette a propria volta. 

La mia prima, immediata reazione, nello sgomento che mi avvolgeva, è stata quella di proteggere questo piccino. Nonostante tutto, dovevo fare in modo che potesse stare  meglio possibile. 
Ricongiunta finalmente tutta la famiglia (la sera della diagnosi il papà aveva il turno di notte in reparto ed ero rimasta nuovamente sola), ci siamo trovati a sentirci più uniti che mai in questa nuova situazione e in questo stesso proposito.
Abbiamo anzitutto preferito non nascondere ai nostri bambini le difficoltà in cui si trovava il fratellino, facendo comprendere loro, nel modo più delicato possibile, che tutto ciò che potevamo fare al momento era pregare per lui, affidandolo a Chi - solo - poteva risanarne il corpo e soprattutto sostenerci ed indicarci il senso di quanto stavamo vivendo.


Mi sono chiesta, ripetutamente, se avessi il "diritto" di domandare la grazia della guarigione di questo piccolo, o se dovessi semplicemente rassegnarmi, fin da subito.
La risposta è nel Vangelo stesso. Possiamo e dobbiamo chiedere "tutto", senza mai dimenticare quel "sia fatta la tua volontà". 
È difficile, estremamente doloroso, recitare il Padre Nostro quando non si è certi di quale sia tale volontà.
Ma non c'è altra possibilità, altra verità che affidarsi completamente.
Ho dentro di me la certezza della possibilità del "miracolo", dell'intervento soprannaturale, ma anche la consapevolezza che esso può essere solo domandato. Con tutta la mia fede, la mia forza, sì, ma solo domandato e non preteso.
Credo, insomma, nell'onnipotenza di Dio, ma so che posso affidarmi solo alla sua misericordia.
A cominciare da me e mio marito, insieme ai bambini e ai parenti più stretti, fin dalla prima sera non abbiamo mai smesso di rivolgere a Dio la nostra supplica tramite l'intercessione dei beati e santi a noi più cari, Louis e Zélie Martin, Attilio Giordani... sostenuti dalla preghiera assicurataci con fede e affetto da tutti coloro che ci incontravano.

Erano i giorni - e le notti - di Natale. 
Un Natale di contraddizione, per noi, ma forse il più vero che ricordiamo. 
Solo il Bambino che sta per nascere e sua Madre che lo porta in grembo (era per me facile immedesimarmi), ma un Bambino segno di contraddizione per molti. 
E il nostro bambino, giunto "inatteso" e sofferente, è divenuto per noi fonte di nuova unione e di revisione di tutta la nostra vita.

Ci siamo anche resi conto di avere bisogno di aiuto. Dell'aiuto di tutti, a partire dalla Comunità Parrocchiale di cui siamo parte da sempre, da chi condivide con noi o ci accompagna nel cammino delle Scuole - materna ed elementare - frequentate dai nostri bambini... fino a chi vive ora lontano da qui eppure ci è ancora tanto vicino.
Ho cercato di superare il timore di chiedere, di condividere, che spesso assale quando si è così schiacciati dalla paura, dalla sofferenza.
E la risposta è stata immensa, partecipe, calorosa, inaspettata. 
Ho in mente - e nel cuore - ogni singolo volto, ogni singola parola rivoltaci in quelle settimane. Abbiamo sentito tangibile l'abbraccio nella preghiera di tutti, a scuola, in chiesa e nelle strade del quartiere, come mai ci era accaduto, e ne siamo rimasti veramente commossi.
Abbiamo potuto scoprire come la nostra sia una comunità viva e colma di persone sante, di una santità umile e nascosta... persone che magari conosciamo sin da bambini o che sono giunte qui da poco... Ognuno ci ha portato qualcosa di sé.
Mi sono infine chiesta cosa potessi fare io di concreto, oltre a pregare, per aiutare questo piccino... ma non c'era una medicina da prendere. E non sarebbe servito nemmeno donare la mia vita fisica per la sua, come ha fatto Santa Gianna Beretta per la sua bambina...
L'unica cosa che mi è venuta in mente è stata quella di donare almeno gli aspetti della mia vita che potevano finora essere fonte di pura gratificazione, ma non essenziali; ho deciso, ad esempio, di lasciare per il momento il lavoro, così da avere più tempo e risorse da dedicare agli altri miei bambini e alla preghiera stessa.

E  ora?
Alle prime visite ci dissero - pur con estrema delicatezza - che il "meglio" che potevamo attenderci era un ritardo mentale medio-alto, fino addirittura alla morte poche ore o giorni dopo la nascita nel caso in cui l'idrocefalia fosse dovuta alla mancata formazione od evoluzione del parenchima cerebrale.
Fra le tante parole ascoltate in quei primi giorni di angoscia, mi sono aggrappata a quelle di un medico collega di mio marito: "I miracoli ci sono"...
Il sottile, compresso parenchima cerebrale è emerso dal "buio" il 22 dicembre, al terzo, accuratissimo esame (il terzo in quattro giorni, presso due ospedali diversi). 
Il piccolo Gabriele è stato seguito costantemente, in questo suo difficile cammino, negli ambulatori di diagnosi prenatale dell'ospedale della mia città, da una dottoressa che ci ha accompagnati con delicatezza e professionalità non comuni. 
Ogni mese circa mi sono sottoposta ad una nuova ecografia, più una risonanza magnetica fetale, per monitorare millimetricamente la dimensione e lo sviluppo del cervello e dei ventricoli cerebrali del piccolo. I medici non si sbilanciavano riguardo alla prognosi, anche perché a gennaio riscontrarono una agenesia del setto pellucido che poteva essere indice di ulteriori anomalie (displasia setto-ottica oppure oloprosencefalia).

Gabriele Stefano è nato nei primissimi minuti del 24 maggio 2007, giorno di S. Maria Ausiliatrice, con un taglio cesareo d'urgenza a causa di un distacco di placenta e conseguente diminuzione del battito cardiaco fetale durante il travaglio. Fino all'ultimo, dunque, la sua vita è parsa davvero attaccata a quel filo che veniva da lontano. Anche un nodo vero nel cordone ombelicale, lì come una minaccia nascosta da settimane o mesi, a ricordarci come non siamo che esili canne battute dal vento.
Ma la grazia tanto chiesta e attesa pare esserci stata concessa: Gabriele per ora sembra stare bene e reagire come un qualsiasi neonato sano. Il nostro stupore e la nostra gratitudine sono infiniti, consci come siamo dell'assoluta gratuità di questo dono. 
Da parte nostra solo l'affidarci senza riserve, noi stessi come bimbi bisognosi e indifesi; da parte di Colui che dà la vita, "tutto".

La grazia non riguarda solo la salute di Gabriele: questi cinque mesi di angoscia alternata alla speranza hanno visto rafforzare la nostra fede e quella delle persone a noi più care, riunire un'intera comunità parrocchiale intorno a una famiglia in difficoltà... tanti piccoli miracoli di cui non resta che essere grati per sempre.
Ci sembra di cominciare ad intuire "il perché dell'arrivo di questo bambino"...
Ringraziamo tutte le persone e le comunità che ci hanno sostenuti con la loro preghiera (da ben quattro continenti...) e la loro vicinanza.
                             Giugno 2007

Torniamo al presente per terminare la storia...
Gabriele compie oggi cinque anni. E' un bimbo incredibile. A tredici mesi sapeva canticchiare la melodia della ninnananna, a due anni riconosceva e scriveva i numeri, a due anni e mezzo scriveva le sue prime parole. Ora legge speditamente e con espressione libri pensati per bambini molto più grandi di lui. 
Ma al di là di quanto sappia "fare", che riporto solo per rassicurare tante mamme in ansia per la salute dei loro piccoli, e al di là di come possa essere interpretata la sua storia, secondo la sensibilità e il vissuto di ciascuno, è quanto di più stupefacente ci sia mai capitato, ed oggi voglio rinnovare il mio GRAZIE. 
Auguri, Gabriele!