venerdì 1 aprile 2011

Una giornata alla Children's Book Fair di Bologna...


... ovvero come NON affrontare la Fiera.



Inizia l'avventura. La Nonna giunge a casa nostra prima dell'alba, per smistare i 5 ragazzini per la giornata mentre noi ce la filiamo alla stazione.

La deprèsscion inizia in treno quando, proprio in fianco a noi, si siedono un paio di spagnoli che - stile Eta Beta - cominciano a tirar fuori da altrettanti zainetti mucchi interminabili di raccoglitori gonfi di illustrazioni.

Entrati in Fiera, rimandiamo il consueto tour alla Mostra degli Illustratori per non stare subito male (ogni anno, da 15 anni, rosa dai rimorsi: "Possibile che io non faccia mai in tempo a fare 5 miseri disegni da mandare a 'sta benedetta selezione?").
Possibile. Possibile.

Dunque ci fiondiamo immediatamente al bar per sgargarozzarci cappuccio e brioche, una delle piccole gioie della vita.

La fiera, a partire dal bar, si rivela subito il solito affascinante e caotico raduno dal respiro cosmopolita. Mi sento già una nullità, il classico puntino nell'Universo, eppure attratta e assetata di stimoli e confronti.
A proposito di stimoli, ma di quelli più terra-terra, noto file chilometriche ai bagni delle donne (zero, naturalmente, a quelli degli uomini), donne che escono dai cessi con CARRELLI pieni di cartellette (come fanno a starci e a fare quel che devono fare lì dentro rimane un mistero...). 
Io questo problema almeno non l'ho, perché tutto ciò che mi son portata sta in una micro-borsa: 2 coca-cole, penna, agenda, qualche biglietto da visita stropicciato, un abbozzo di progetto di un libro ideato insieme a Gio ficcato in una busta formato A4.

Iniziamo il giro a casaccio, dal padiglione di sinistra entrando (per gli addetti: il 26). 
Le nostre prioritarie mete fisse sono sempre le stesse: 
lo stand di A per salutare i vecchi amici della giovinezza creativa e gloriosa; 
B per salutare Capo e colleghi; 
Sarmede per sognare un po'; 
C per vedere se hanno ancora i nostri libri; 
i banconi di tutti gli altri stands per accaparrarsi cataloghi e gadgets da portare ai bambini come souvenir; 
varie ed eventuali. 
Insomma, diciamocelo, non si capisce bene che cosa ci andiamo a fare, ma è pur sempre almeno una romantica gita fuori porta (l'unica in un anno, a dirla tutta).

Prima tappa: allo stand di A non c'è ormai più nessuno che conosciamo, quindi passiamo oltre. Peccato. Poi il nostro progettino ci stava bene, qui.

Seconda tappa: B.
Mary ci viene incontro tutta felice di vederci. Ha un appuntamento ogni 15 minuti con illustratori: le dico che prenotiamo noi tutta la giornata, giusto per diminuire un po' la concorrenza! 
Evvabe', spazio alle nuove leve…

Terza tappa: Sarmede. 
Dico a Gio che aspetto un segno: se vedo Maestro mi iscrivo ad un corso a Sarmede anche questa estate; se no, no.
Non lo vedo. 
Un classico. 
Passiamo oltre.

Quarta tappa: C. 
I nostri libri sono esposti. Gio fa il pimpante e chiede a una tipa perché diavolo non fanno una ristampa di "A spasso nel corpo umano", che non si trova più da nessuna parte, cribbio, è così un bel libro, un best-seller, autori di prestigio... la tipa balbetta che non lo sa, bisogna chiedere ai capi, comunque lei ha convinto degli editori francesi (per la coedizione) che ci faranno pure dei cartoni animati. 
Gio sempre più pimpante va dalla una delle cape e le fa la stessa domanda. Quella socchiude gli occhi, "Ma noi ci conosciamo... Ah, ma siete VOI! A quanti figli siete arrivati? CINQUE? Allora non lavori più, eh? SI'? (faccia incredula) Volevo chiamarti (frottola), non è che si può andare avanti con la serie sulla scienza, con nuovi titoli?" 
Gio risponde che certo, si può fare, "Manderemo subito un elenco e un progettino, certo certo ci sentiamo presto, ciao ciao".

"Gio, ma quando mi metto a farla, 'sta roba?" 
" Boh, vediamo, vediamo, tanto per mandarle un progetto non ci vuole molto, quel libro è il migliore che abbiamo fatto" 
Lui ne ha scritti 2: ci vuol poco, eh! eh!

Quinta tappa: varie ed eventuali (intanto arraffiamo i cataloghi e lo zainetto si riempie e pesa e c'è dentro un caos infernale, non trovo più nemmeno i fazzoletti). 
Passiamo per puro caso davanti allo stand di D. Perfetto per un libretto come il nostro. 
Gio in veste di agente chiede da sfacciato un appuntamento sull'istante. Tornate fra 10 minuti, magari... 
E' pazzesco, ma ci fanno davvero entrare. 
"Solo 5 minuti, eh, che ho da fare". La tipa è alta 2 metri e ha una faccia cattivissima, io comincio a tremare e non capisco più niente, meno male che parla lui. Facciamo vedere l'enorme, densissimo plico che consiste in:
1) un foglietto col testo;
2) uno story-board originale striminzito cui manca l'ultima tavola;
3) due stampe a colori ridotte (la carta e le cartucce costano un sacco, cavoli) di due tavole d'esempio… naturalmente mica mi son portata le originali;
4) una prova ancora più ridotta (10x10) delle stesse due tavole montate a libretto.
La tipa dice che i disegni son proprio carini, ma che il libro impostato così non va troppo bene, bisognerebbe dargli una sistemata. "Ma voi ci credete o cosa? Se arrivate qui così senza convinzione... facciamo così, visto che non avete neanche portato una copia di tutto, mandatemela via e-mail: hai da scrivere?". 
"Certo, certo!" Frugo nello zaino, non trovo l'agenda, non trovo la penna, non trovo i biglietti da visita. La tipa mi guarda storto e aspetta. Mi faccio prestare la penna, giro il foglio del testo e scrivo lì nome e indirizzo della Tipa Cattivissima, tanto poi lo copio nell'agenda. Saluti, allora ci sentiamo.

"Cavoli, Gio, le son piaciuti. Qui la faccenda si mette male. Va be', alla peggio non le scriviamo".

Di fronte a D c'è E. Perfetto anche lui per il nostro libretto, ma che razza di furbi a mettere i due stands uno in fronte all'altro. La Tipa Cattivissima svetta su tutto e tutti, impossibile tentare un approccio con la concorrenza senza che ci veda. Gio se ne frega e chiede un appuntamento. 
"Provate a passare dopo e a chiedere del sig. S.".

Intanto torniamo a Sarmede. Maestro arriva alle 14, mi dicono. Ok, allora mi magno un panozzo al prosciutto e bevo la coca così svuotiamo un po' lo zaino.
Metto in ordine i biglietti da visita e mi preparo un discorsetto meno idiota da fare a S.

Visitiamo la Mostra degli Illustratori. Cavoli, le non-fiction sono più imprevedibili del solito; stavolta ci provo anch'io, giuro. 
Rimango sempre stupita dai miliardi di idee che a me NON vengono… eppure sono così immediate, apparentemente semplici, così naturalmente geniali…
Per protesta (mia contro me stessa) non compero nemmeno il catalogo di 10 anni fa che costa la metà.

Torniamo da E; la Tipa Cattivissima di D non si schioda dal suo stand nemmeno all'ora di pranzo. Io mi abbasso un po' e sto girata di spalle, ho pure tolto la giacca così sono di colore diverso: magari non mi riconosce. 

Gio comunica che ci han detto di ripassare "dopo", e che adesso è "dopo". 
Non se ne parla. Un vecchietto arcigno ci molla in mano un indirizzo mail di un'altra tizia: provate a scrivere qui. 
Non ci caschiamo.
Gio gioca l'ultima carta: gli viene in mente il sig. S. 
PAROLA MAGICA! Il vecchietto si illumina in viso e va a vedere. 
"Sta telefonando, intanto provate a parlare con questo altro responsabile". 
"Ho solo un attimo, eh? Vediamo, di che progetto si tratta?"
Stavolta il discorso parte in quarta, non ci lasciamo confondere. Guarda tutto per bene, "Non è malaccio, adesso chiamo...".
Sparisce per un po'. Vengon lì a salutarci due amiche che non vediamo da secoli.
Arriva il sig. S. "Di dove siete? Monza? Ah! Ah! Noi di Cinisello Balsamo, pensa te (confina con Monza proprio dove finisce la mia via, N.d.A.), e ci incontriamo a Bologna!"
In effetti, sì, potevamo risparmiare 90 euro e passa di treno e andare a trovarlo in bicicletta durante l'anno, in un periodo meno convulso.
Si capisce dalla faccia che il progettino non è malaccio, però vorrebbe farlo in formato più piccolo (come la nostra stampetta, in pratica). Ce ne fa vedere uno d'esempio per il formato. 
Gio dice "Non esageriamo, mica vogliamo fare un libro usa-e-getta, vogliamo un bel libretto che si possa regalare, un po' prezioso, che possa stare in libreria insomma…" 
"Guardi che un libro così STA in libreria", risponde il sig. S.
Io mi vorrei sprofondare, ma proprio non posso: mi son già abbassata tutta per non farmi vedere dalla Tipa Cattivissima. Intuisco che Gio sta per rispondere che in casa nostra un libro così NON STA in libreria, ma nel cesto dei libretti-spazzatura che lasciamo ormai sfasciare da Gabrielino. Sono presa dal panico. Per fortuna Gio sta zitto. Quasi. 
Comunque il sig. S. mica s'offende, è un grande, anzi dice che si impegna a darci una risposta concreta entro un mese. Quindi, se non ci dispiace, si tiene il testo e la prova montata a libretto e si fa sentire entro quel termine, per il sì o per il no; "Nel frattempo voi mandatemi lo story-board via mail visto che avete solo quello" (unico e originale, si può esser più cretini da portare lo story-board originale e le tavole in copia, mi viene in mente d'un tratto… avrei dovuto fare il contrario). Scambio di biglietti e indirizzi, saluti e vai.

"Gio, meglio il sig. S. della Tipa Cattivissima, no?" 
"Come tipo sì, ma... per piacere, mica vorrà conciarci il libretto come un francobollo?"

Ripassiamo a Sarmede. C'è Maestro a colloquio con due aspiranti corsiste. Gio mi molla per andare a fotografare le illustrazioni dell'esposizione. Io mi metto in coda. Maestro, oltre che dare un occhio svogliato al portfolio delle due tizie, saluta tutti quelli che passano di lì, riconosce tutti i corsisti degli ultimi dieci anni, incrocia anche il mio sguardo ma ovviamente non gli ricordo niente e nessuno, anzi guarda oltre e saluta la ragazza dietro di me: io ho un'illuminazione, è un segno… quest'anno non andrò a Sarmede!

Passo a salutare Mary. Abbiamo il treno fra un'ora, è il caso di avviarci, ci vediamo a Monza...

Arriviamo in stazione. Il treno è in ritardo. Mi siedo e comincio a ripensare alla giornata.

"Gio, e se il libretto interessa a tutt'e due che si fa?"
"Ma va, sarà già tanto se il sig. S. si fa sentire per dirci picche e poi..."
"GIO, il TESTO... L'abbiamo lasciato al sig. S. !" 
"Il testo? Va be', ce l'hai nel computer, no?"
"Sì, ma su quel foglio c'era scritto l'indirizzo della Tipa Cattivissima.
Ovvero:
A) Adesso chi se lo ricorda? 
B) Che figura ci faccio con il sig. S.?"